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Quando pensi a una persona, a un’esperienza, a un posto del passato, stai male?
Approfondisci.
Fatti una carezza, là dove senti che la mano vibra. Che la voce si abbassa. Davvero, tocca. Accarezza. Massaggia. La tua pelle, la fascia che sta sotto, ne sanno qualcosa. Hanno registrato i trascorsi tuoi e di chi ti ha preceduto. Impara a sentirli, non soltanto a menzionarli. Datti il permesso di farli emergere. Sono cicatrici del cuore a volte, più che del corpo. Eppure, il corpo che si muove, smuove.
Il corpo che impara a muoversi, guidato da una testa che percepisce i luoghi del corpo e i luoghi in cui il corpo sta, ecco, quel corpo lentamente può alleggerirti. Ti toglie pesi dalle spalle e libera le anche, come se ti dicesse che quel bagaglio di roba che ti ostini a portare con te ovunque, magari ti ha vestito ieri, ma oggi… può tranquillamente essere lasciato nell’armadio e tirato fuori di tanto in tanto. Il cassetto dei ricordi è bene che ci sia, perché ti ricorda da dove vieni e perché sei chi sei. È bene sia visto, scomposto, qui e lì svuotato. Ma punto. Punto. Non serve che sia infilato in borsa. Ci sta?
Puoi provare a toglierti la maglietta sdrucita?
Ascolta il tuo collo, il tuo sacro.
Respira.